Chiesa di S. AndreaDurante il periodo delle scorrerie degli Ungari di stirpe mongola, alla fine del IX secolo, sia la città di Reggio che la sua campagna vennero gravemente danneggiate e saccheggiate. Per fronteggiare questi assalti ed incursioni, il nuovo vescovo di Reggio, Pietro, nel 900 ottenne dall’Imperatore Ludovico III di fortificare gli edifici ecclesiastici che si trovavano al centro delle città (“Incastellamento”). Le curtes infatti, erano protette solo da terrapieni e fossati, quindi risultava semplice assalirle; inoltre non esistevano edifici in muratura, tranne l’abitazione del dominus.
È in questo periodo che a Campagnola si decide di costruire un castello. Campagnola sembra vantare il prestigio di una delle più antiche citazioni riguardanti un castello nella provincia di Reggio Emilia (22 gennaio 935): il documento in cui si nomina per la prima volta il castello è stato rilasciato proprio nel castello.
Questo castello, come tanti altri della zona, venne eretto per proteggere la curtis, poiché non aveva semplicemente la funzione di ospitare una guarnigione, ma anche gli abitanti che popolavano la corte preesistente.
Come i castelli del IX secolo, era privo di mura perimetrali – costruite solo in un secondo tempo -, protetto da uno o più fossati, terrapieni e paralizzate. Eretto su un’altura del terreno, posizione favorevole per il dominio della zona, era costituito molto probabilmente da una torre alta, rocha, con ingresso sopraelevato e da un castrum, la parte più bassa.
Lo spazio recintato raccoglieva la popolazione in caso di pericolo, e doveva ricoprire una superficie compresa tra i 2750 e i 4400 metri quadrati.
La chiesetta del Castellazzo, dedicata a Sant’Andrea apostolo, è l’unica parte ancora visibile di quel complesso che doveva essere castello e corte campagnolese. Il culto di sant’Andrea, di epoca romana, è antichissimo, perciò chi ha fondato il castello doveva aver rispettato un culto già preesistente del santo.
Sant’Andrea ha una severa facciata romanica con due lesene triangolari ai lati, poggiati su basamenti quadrangolari e al centro il portale ad arco decorato con una cornice di cotto lavorato a losanghe; sopra, un finestrone ad arco da cui è stata ricavata una finestra trapezoidale settecentesca; da ambo i lati del finestrone sono stata riscoperte, nel 1986, due finestrelle romaniche a strombo. che erano state chiuse e nascoste dall’intonaco.
Sui fianchi e nell’abside alcune finestrelle romaniche ed una finestra settecentesca illuminano l’interno.
Una decorazione simile a quella del portale è stata rinvenuta nel lato Nord, all’altezza dell’ingresso, oggi secondario, un tempo ingresso nobile per il presbiterio; a Sud è stato scoperto un archetto non decorato, indicante un ingresso meno importate poi tamponato, da cui entravano gli abitanti del castello e della borgata.
La chiesa ha una pianta asimmetrica singolare con due absidi rettangolari, rivolte verso oriente: una maggiore, quella dell’altare, ingentilita all’esterno da una cornice di gronda e archetti in cotto; una minore, la sagrestia e cella campanaria, con una finestrella, sovrastata da un campaniletto a vela, oggi senza campana.
All’interno, le pareti spoglie e il soffitto a capriate la fanno apparire più ampia di quanto non sia in realtà. Vi si conservano, nell’abside principale, preziosi affreschi del Quattrocento.
La chiesa di Sant’Andrea ha beneficiato nel 2006 di un importante restauro: sono stati realizzati lavori di consolidamento delle strutture murarie portanti e il rifacimento della copertura.

Storia

Questo castello era sotto il dominio diretto della Chiesa di Reggio; infatti Carlo Magno nel 781, Carlo III nel 882 e Ludovico III nel 9000, avevano concesso diritti ed immunità al vescovo di Reggio, che all’epoca esercitava anche poteri civili.
Nel 1025, Campagnola entrò nell’orbita della famiglia del Marchese Bonifacio di Canossa, padre di Matilde, e soltanto nel 1052 anche il castello entrò a far parte dei beni dei Canossa, che lo presero in anfiteusi dalla chiesa di Reggio. Nel complesso, la corte di Campagnola con il castello e tutte le pertinenza, acquisite da Beatrice (moglie di Bonifacio), era estesa settecento iugeri, per la maggior parte coltivati. Grazie a questo acquisto, tutta la villa di Campagnola entrò ufficialmente a far parte dei domini dei Canossa.
Nel 1052, in un elenco dei castelli e delle pievi consegnato a Bonifacio di Canossa, viene descritta la presenza di un parroco e di una cappella all’interno del castrum di Campagnola, nominata di Sant’Andrea: «castello di Campagnola che è stato costruito su terreno di San Prospero e cappella di San’Andrea con mansi e ventiquattro terreni soggetti a decime».
Dopo la morte di Bonifacio, la vedova Beatrice cedette nel 1071 dodici corti con castelli, tra cui Campagnola, al monastero di Frassinoro. Tuttavia, poiché Campagnola era sotto la giurisdizione della Chiesa di Reggio, il monastero acquisiva solo le rendite.
Matilde di Canossa vi risiedette nel 1108 e da qui emanò vari atti e donazioni. Con questo soggiorno, Matilde diede alla villa e a tutta la borgata grandissima notorietà e prestigio.
A partire dall’XI secolo, i «da Correggio» iniziarono ad affermarsi nel territorio reggiano e videro nel castello di Campagnola un obbiettivo importante, per l’importanza strategica e la prosperità economica favorita della vie di terre e di acqua.
Quindi, nel 1141, il castello fu venduto da Palmerio di Albriconi da Campagnola (forse un vassallo infedele e un usurpatore), di nazione longobarda, ai fratelli Gherardo e Corrado, Signori di Correggio. Si presume che Albricone sia venuto in possesso del castello acquistandolo dal monastero di Frassinoro, ma il quando non ci è dato sapere. Nessuna efficacia ebbe il diploma dell’Imperatore Federico Barbarossa del 1164, che confermava Campagnola come corte donata ai benedettini di Frassinoro, perché ancora nel XIV secolo quel monastero rivendicava i suoi diritti sul castello. Inoltre, neppure il Comune di Reggio nel 1277 riconosceva questo contratto.
Tutto ciò conduce a ritenere che i signori di Correggio, volendosi espandere nel territorio circostante, accamparono diritti sul Castellazzo e confezionarono con perizia questo falso nella loro cancelleria. L’atto di acquisto, retrodatato, potrebbe essere stato preparato in occasione della conquista con le armi del Castellazzo, effettuata dai correggesi nel 1264, quando Reggio controllava da alcuni anni Campagnola. I signori “falsari” possono essere stati Guido e Matteo, che incrementarono il feudo della famiglia dei da Correggio occupando corti e castelli. I benedettini di Frassinoro, che non avevano mai smesso di rivendicare la donazione di Beatrice, ottennero soltanto che i signori correggesi ricevessero dal monastero l’investitura del castello di Campagnola, in cambio di un canone annuo di dieci fiorini. Pertanto il monastero si rassegnò a riconoscere ai correggesi il dominio di fatto su Campagnola, ma il Comune di Reggio scoprì e denunciò la frode dei da Correggio con una dichiarazione del 1277; nel 1306 donò comunque il Castellazzo ai da Correggio.
La vita del Castellazzo non durò ancora per molto, perché intorno al 1371, in circostanze non ancora ben chiare, il maniero di Campagnola venne preso e distrutto. Il fatto si inserisce nelle vicende assai complesse che coinvolsero la bassa reggiana, in particolare il correggese, derivate dal tentativo di Bernabò Visconti di ampliare la sua signoria. Il Visconti stipulò il 3 Dicembre 1371 un trattato con Guido da Correggio, in cui gli concedeva i castelli di Correggio e Fabbrico, insieme a svariate ville, tra cui Campagnola; in cambio Guido doveva mettersi al servizio di Bernabò.
Della distruzione del Castellazzo mediante il fuoco resta memoria, secondo la tradizione, nello stemma municipale.
La chiesa di Sant’Andrea fu risparmiata per paura di reazioni da parte del potente episcopato di Reggio.
Il Castellazzo, che un detto popolare definisce al Castlàs di du sàs, cioè il castello dei due sassi, fu la cava più importante di mattoni e pietrame della zona.
Il nome del Castellazzo è tuttora esistente nel territorio comunale e la chiesetta di Sant’Andrea sorge ancora su quel rialzo di terreno che sovrasta di un paio di metri il piano di campagna.
È probabile che il vero e proprio castello comprendesse la chiesa e non lontano da essa, sia dal lato Sud, sia dietro l’abside, doveva correre un muro di cinta; da qui una striscia di terreno sopraelevato corre ancora oggi verso Nord per circa 54 m e con una larghezza di 16 m, nascondendo sicuramente macerie di antichi fabbricati.
Dal terreno del podere, che ora sorge sull’antica sede del castello, è emersa, con l’aratura, una gran quantità di pietre, mattoni, cocci di vasellame e alcune armi di metallo.
Subito dopo la seconda guerra mondiale, venne scoperto un cunicolo abbandonato terminato in un pozzo, forse un passaggio segreto per assicurarsi la fuga.
Riguardo al nome, il Castellazzo viene chiamato in questo modo solo a partire dal documento del 1141: prima è sempre stato definito castellum o castrum.


  • Insinna Luigi, Campagnola Emilia e Cognento attraverso i secoli, [Campagnola Emilia], Circolo Culturale il Borgo, 2013, 454 pp.